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UN ESCHIMESE IN AMAZZONIA

UN ESCHIMESE IN AMAZZONIA
TRILOGIA SULL’IDENTITÀ - CAPITOLO III
ideazione Liv Ferracchiati
Un eschimese in Amazzonia pone al centro il confronto tra la persona transgender (l’Eschimese) e la società (il Coro), fino ad arrivare al paradosso che l’Eschimese si stanca di raccontare sé stesso.
La società segue le sue vie strutturate e l’Eschimese si trova, letteralmente, ad improvvisare, perché la sua presenza non è prevista.
Il Coro parla all’unisono, attraverso una lingua musicale e ritmata, quasi versificata, utilizza una gestualità scandita, dando vita ad una società ipnotica, veloce, superficiale, a rischio di spersonalizzazione. La struttura è quella del “link web”, l’analogia del pensiero manovra le connessioni o forse il nonsense stesso dell’illogica internettiana.
Anche l’Eschimese è parte degli stessi stereotipi della sua contemporaneità, anzi nella sua stand up comedy è personaggio autentico proprio perché vive e rappresenta la propria inautenticità di abitante del suo tempo.
Si sforza di avere una visione soggettiva, ma anche la sua è, a ben guardare, infarcita di luoghi comuni e spersonalizzata.
Il comico nasce anche dal mettere in rilievo quelle dinamiche che rendono l’essere umano marionetta, macchina, ovvero un essere sociale, un essere già giocato dalla cultura.

Paul B. Preciado, filosofo e scrittore, tra i più autorevoli esponenti di studi di genere e politiche sessuali, sostiene che la cosa importante sia opporsi alla standardizzazione che identifica come patologia quello che non si riconosce, tutto il resto non è che una tassonomia, un sistema di classificazioni.
In altre parole dice che l’identità di genere, quindi il transgenderismo o il cisgenderismo, non sono poi così interessanti.

Il titolo: “Un eschimese in Amazzonia” è una citazione dell’attivista e sociologa Porpora Marcasciano che evidenzia l’incapacità della società di andare oltre il modello binario di sesso/genere, omosessuale/eterosessuale, maschio/ femmina e che quindi racconta la compromissione di un percorso di vita che potrebbe essere dei più sereni e tranquilli.
La ricerca dei materiali per questo progetto inizia nel 2013 e ha collezionato interviste a molti uomini e donne transgender, a studiosi, a scienziati e a persone qualsiasi che non sapevano assolutamente nulla sull’argomento.
Il progetto è vincitore del Premio Scenario 2017.

“La Trilogia sull’Identità è il racconto di storie ordinarie in cui il transgenderismo non è l’unico centro. Trattare il tema dell’identità di genere per noi ha significato interrogare la nostra natura di esseri umani e la nostra possibilità di essere liberi. La raccolta dei materiali per questo progetto inizia nel 2013 e siamo arrivati alla conclusione che la transizione è, prima di tutto, un percorso mentale verso la costruzione dell’identità di un individuo.  I cambiamenti fisici, seppure fondamentali per alcune persone transgender, non crediamo siano il fulcro della questione e, a poco a poco, non sono più stati nemmeno il fulcro della nostra indagine.  Andando avanti nel nostro percorso teatrale ci siamo accorti che non era poi così interessante nemmeno l’identità di genere, ma, per dirlo con le parole di Paul B. Preciado: «[…] La cosa importante era opporsi alla standardizzazione che identifica come patologia quello che non riconosce. Il resto è una tassonomia, un sistema di classificazioni […].». Il materiale raccolto è stato ripartito in tre spettacoli, dando vita a tre differenti proposte di linguaggio: peter pan guarda sotto le gonne, mostra la parola come mancanza e incapacità di comunicarsi, stabat mater la innalza a strumento di rappresentazione e ricostruzione della propria identità, mentre in un eschimese in amazzonia diventa metafora della fragilità di qualsiasi forma scegliamo per noi stessi.”

Liv Ferracchiati / The Baby Walk